☭    "Non è difficile essere rivoluzionari quando la rivoluzione è già scoppiata e divampa... È cosa molto più difficile - e molto più preziosa - sapere essere rivoluzionari quando non esistono ancora le condizioni per una lotta diretta, aperta, effettivamente di massa, effettivamente rivoluzionaria; saper propugnare gli interessi della rivoluzione (con la propaganda, con l'agitazione, con l'organizzazione) nelle istituzioni non rivoluzionare, sovente addirittura reazionarie, in un ambiente non rivoluzionario, fra una massa incapace di comprendere subito la necessità del metodo rivoluzionario di azione"     ☭    



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C'è chi dice NO


Pubblichiamo un contributo sulla questione della Costituzione che un compagno romano ha portato durante un iniziativa pubblica. Crediamo che questo contributo potrà aprire ulteriore dibattito su una questione controversa e nello stesso tempo mai affrontata correttamente dai comunisti
Redazione Aurora Proletaria


(…) La Costituzione finora vigente, legittima un apparato legale non più così giustificato nella sua funzione e nella sua ramificazione. Il potere della borghesia imperialista è strutturalmente e profondamente basato sul suo vero apparato, clandestino e non rispondente a normative note. Decisioni, attività determinanti di qualsiasi natura, controrivoluzione, propaganda e intossicazione, ecc., fanno capo al vero Stato della borghesia imperialista, che l’interfaccia ufficiale, legale e pubblica, “rappresenta” con sempre maggiore sforzo e minore credibilità (mi viene da pensare, sdrammatizzando, alla canzone di Caparezza Non siete Stato voi), e con inutile dispendio di risorse altrimenti allocabili.
L’esigenza di palesare questa trasformazione, nel modo adeguato a confondere le idee e annettendola ad esigenze estrinseche, rispetto a quelle effettive, dà luogo a quella lunga “stagione delle riforme istituzionali”, che permette di nascondere con il mal di mare e le giostre di questi anni, un’opera di trasfusione dal piano legale a quello clandestino, simile a quello che succede con i vasi comunicanti, dove, restringendone uno e sfruttando il principio della capillarità, ne innalzi visivamente il livello e sprofondi quello dell’altro, che in realtà ha un diametro maggiore. L’apparenza inganna.
Pertanto, sembra che la legalità, la decisione referendaria, il dibattito istituzionale pubblico siano il segno democratico e la garanzia di autenticità – con l’ostentazione di qualsiasi circostanza atta a manifestare lotta all’ultimo sangue, trasformazione sofferta e battagliata, e specialmente che si svolge sotto gli occhi di tutti in tempo reale – di un’operazione di carattere strategico che ha dei requisiti genetici oggettivi e progettuali di lunga durata. Quando invece è accaduto, e si ratifica e perfeziona per il pubblico, l’esatto contrario; e gli attori che si azzuffano stanno coprendo una trasformazione già avvenuta, e che con un ritardo e margine di sicurezza, un provvido delay, passa una mano di smalto trasparente su eventi già consolidati, non più reversibili, ecc.
Il “lavoro di massa” della classe dominante consiste nel mettere, senza farlo capire, chi opprime davanti al fatto compiuto, ossia nel mettere dietro al fatto compiuto. L’unica tattica possibile del movimento comunista consiste nelle tre parole d’ordine in grassetto, che si trovano in fondo, prima dell’appendice.
Un abbraccio, e scusatemi se vi ho importunato (...)

(...)Nel corso della sua storia, il PCI è stato bonificato dalla presenza dei compagni più conseguenti, come Pietro Secchia, morto nel luglio del 1973 (aggiungo qualcosa più sotto, in appendice). Quel partito è stato “liberato” da una presenza coerente e perciò pericolosa, perché l’obiettivo di un partito comunista è quello di far sviluppare nel proletariato un movimento rivoluzionario, che realizza lo scopo di fare la rivoluzione.
Questo implica la necessità di dirigenti, e di una realtà organizzata, impegnati autenticamente a conquistare ai principi del comunismo la classe operaia e il proletariato.
Quindi, un partito comunista si riconosce perché sviluppa un movimento rivoluzionario. Questo introduce un criterio discriminante che tiene alla larga il soggettivismo, cioè il ritenere che un partito comunista, anziché essere legato a qualcosa di oggettivo e verificabile, lo si riconosce dal nome, dalla denominazione. «Io (individuo o partito) sono comunista perché mi sono definito così. Prima volevo portare alla vittoria un movimento rivoluzionario, poi mi sono buttato sulle riforme di struttura, l’ombrello della NATO, il compromesso storico, la delazione in fabbrica e fuori… ma sempre comunista sono, finché mantengo il nome!»
L’attributo di comunista non si coniuga con il soggettivismo, deviazione che, tra le tante cose, produce la falsa indicazione di un gran numero di “comunisti” responsabili di opere squalificanti, quando non addirittura anticomuniste. Le qualifiche si perdono come niente, se si sta al metodo scientifico e ai fatti.
Uno che si dichiara vegetariano e si rimpinza di braciole, non è un vegetariano che sbaglia. È facile da capire, non è un concetto astruso. Dei “comunisti” che hanno inanellato una raffica di favori al nemico, ma che razza di comunisti sono?!
La discriminante sul contenuto è l’unica valida. Permette di orientarsi davanti alla confusione creata dal distinguere “al nostro interno” partendo dal criterio cronologico (vecchio e nuovo movimento comunista) e facendo di quell’aspetto secondario e descrittivo un luogo comune che nasconde, nella sua banalità, le dinamiche reali, che si comprendono solo distinguendo tra comunisti e sedicenti tali.
Sulla scorta dell’esempio, folcloristico ma efficace, del vegetariano da macelleria, la questione è: il PCI ha sviluppato un movimento rivoluzionario? O ha strumentalizzato compagni e compagne di tempra eroica? Stiamo parlando di un caso unico, o è un “classico”, nell’opera di eterodirezione, che ci permette anche di individuare le copie?
Il movimento comunista subisce una costante opera di “ripulitura”, perché è un terreno che la borghesia considera da bonificare: è il Quartier Generale del suo “nemico interno”. Per questo è importante prendere in esame cose che non sono né dette, né discusse, né sentite, né conosciute.
Come le diverse classi non sono separate da una muraglia, così il partito rivoluzionario non nasce e non si sviluppa partendo da un pianeta incontaminato che sforna comunisti DOC. Ed è oggetto di un’opera assidua da parte della borghesia, per prevenire sorprese. Come quella che, in Cina, ha visto la lotta contro gli invasori giapponesi, guidata da rivoluzionari in grado tanto di allearsi con la borghesia, quanto di dirigere la guerra di liberazione e la guerra rivoluzionaria fino alla vittoria. Mentre l’esperienza italiana, con la vittoria della Resistenza e la sconfitta dei rivoluzionari, è stata quella di una politica interclassista, di prostituzione alla borghesia, ormai appagata dalla sua controrivoluzione fascista e sicura dell’incondizionato sostegno da parte dell’antifascismo, che dirigeva, e mirante a uscire dalle conseguenze delle sue stesse azioni, e a sottomettere con altri mezzi sempre le stesse vittime. La vera politica e la vera direzione che hanno orientato i CLN, ricorrendo al volto più esaltante, accattivante e ruffiano dell’interclassismo.
Liberazione costata sangue rosso; di chi non ha avuto che piombo e tortura. Con un proletariato e un movimento comunista che si dissanguavano, e una borghesia che dirigeva, succhiava, e godeva dei frutti della liberazione – il 25 aprile 1945 – dell’Italia dai fascisti, con i CLN, e della liberazione – il 22 giugno 1946 – dei fascisti dal relax in carcere, con Togliatti, capo del PCI.
Bisogna avere dei punti di riferimento puliti, da comunisti: partito rivoluzionario, classe rivoluzionaria, movimento rivoluzionario. Ed elaborare una strategia e una tattica conseguenti e adeguate, che permettono di affrontare qualunque circostanza in modo rivoluzionario.
Viviamo una situazione contrassegnata dalla divulgazione di un’opera di stravolgimento della Costituzione, dalla classe che se ne è servita come un addobbo.
I comunisti, che si distinguono nettamente, non semplicemente sul piano organizzativo, dall’opposizione borghese, che vuole dettare legge e dettare la linea della resistenza, non sono l’ala sinistra, la presenza in fondo a sinistra, nella dialettica interna al nemico di classe. Noi non siamo la ruota di scorta, che parteggia lealisticamente per l’opposizione borghese, com’è vero che non lottiamo per una tappa diversa dalla rivoluzione proletaria, dalla conquista del potere politico.
Noi diciamo che la Costituzione è il paravento che ha permesso al nemico di classe di utilizzare clandestinamente i fascisti, pavoneggiandosi come titolare di una democrazia simulata. L’attività coercitiva non ufficiale e col marchio fascista dell’eccidio, la ritroviamo già il 1° maggio 1947 a Portella della Ginestra, 11 mesi dopo l’amnistia Togliatti.
Le atrocità che nel ventennio i fascisti commettevano alla luce del sole, legittimati dalla dittatura aperta, sono uno strumento al quale la classe dominante – che li ha allevati, formati, “sconfitti” dirigendo la dinamica CLN, e poi protetti – non ha la minima intenzione di rinunciare.
Parlano di servizi segreti deviati, Gladio, Stay Behind, strategia della tensione, stragismo, misteri… È l’attività dello Stato, della controrivoluzione, italiana e “alleata”, contro quello che considerano il “nemico interno”.
4 Nella battaglia per il NO al referendum sullo stravolgimento della Costituzione, noi comunisti, non ci limitiamo a parteggiare per quello che sostiene l’opposizione borghese e la catena dei loro amici, degli amici degli amici, ecc., fino agli ultimi amichetti. Noi ne facciamo una leva per denunciare e diffondere la realtà che il nemico vuole negare e tacitare.
NO allo stravolgimento della Costituzione, per dire che quella Carta è la mascheratura putativamente antitetica, e la copertura, all’affermarsi di una dittatura clandestina. È stata ed è usata ed elargita come un giocattolo, spostando la dinamica coercitiva nel sottosuolo, ed esercitandola “da democratici”.
Come comunisti, rivendichiamo la verità, che è rivoluzionaria anch’essa, e lo smascheramento della borghesia imperialista:
1. L’Italia non è veramente una repubblica democratica e costituzionale, la classe dominante non agisce secondo una Costituzione conosciuta
2. La classe dominante non ha agito né agisce secondo quella Costituzione che prende di mira; viola e si riserva di violare qualsiasi norma, mettendo sistematicamente le masse davanti al fatto compiuto
3. Il “problema del Paese” non è nella lista che ci propinano; il “problema del Paese” è una dittatura mascherata e nascosta, che resta comunque, e clandestinamente, in vigore, a prescindere da qualunque Costituzione.

(Il proletariato necessita di una sua costituzione come parte civile in un processo storico contro la borghesia imperialista.)

Appendice
Stralci diagnosi del prof. Giunchi (marzo 1973, a quattro mesi dalla morte) a Pietro Secchia: «Si è trattato di una singolare malattia, nel corso della quale sono stati colpiti in maniera improvvisa, violenta e gravissima il fegato - onde la grave itterizia -, il rene - e quindi l’elevatissima azotemia -, ed il sistema nervoso - da cui il delirio protratto e lo stato amenziale. Se per quest’ultima sintomatologia si poteva supporre che fosse secondaria alla intossicazione, derivante dalla grave disfunzione del fegato e del rene, per questi due organi invece non vi è dubbio alcuno che la malattia si sia insediata in essi primariamente. Esclusa una epatite virale, la quale decorre con un quadro clinico ben diverso, e la sindrome epatorenale della leptospirosi, la cui presenza è stata ripetutamente ricercata presso i laboratori dell’Istituto Superiore di Sanità con esito negativo, l’unica interpretazione attendibile circa i fattori causali della sua malattia resta quella di una gravissima intossicazione. Ritengo ch’ella abbia ricevuto una buona dose di un potente veleno e di certo sarebbe deceduto se non fossero intervenute con molta prontezza tutte le intense cure alle quali è stato sottoposto presso la Clinica Nuova Latina…».





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Antono Gramsci:Alcuni temi della quistione meridionale

Come si legge in 2000 pagine, cit., il manoscritto andò smarrito nei giorni dell'arresto di Gramsci e fu ritrovato da Camilla Ravera tra le carte che Gramsci abbandonò nell'abitazione di via Morgagni.
Il saggio fu pubblicato nel gennaio 1930 a Parigi nella rivista Stato Operaio, con una nota in cui è detto: «Lo scritto non è completo e probabilmente sarebbe stato ancora ritoccato dall'autore, qua e là. Lo riproduciamo senza alcuna correzione, come il migliore documento di un pensiero politico comunista, incomparabilmente profondo, forte, originale, ricco degli sviluppi piú ampi. ».




Questione elettorale borghese

Per un altro spunto (se ce ne fosse ancora bisogno) sulla questione elettorale borghese

Necessità di una preparazione ideologica di massa

di Antonio Gramsci , scritto nel maggio del 1925, pubblicato in Lo Stato operaio del marzo-aprile 1931. Introduzione al primo corso della scuola interna di partito




La legislazione comunista

Articolo apparso su L'Ordine nuovo anno II n.10 del 17 luglio 1920 a firma Caesar

Antonio Gramsci : Il Partito Comunista

Articolo non firmato, L’Ordine Nuovo, 4 settembre e 9 ottobre 1920.




Antonio Gramsci - Riformismo e lotta di classe

(l'Unità, 16 marzo 1926, anno 3, n. 64, articolo non firmato)




Antonio Gramsci : La funzione del riformismo in Italia

(l’Unità, 5 febbraio 1925, anno 2, n. 27, articolo non firmato)




Referendum sulla costituzione

Votare o non votare, è questo il problema?

Lettera di un operaio FIAT di Torino

" FCA, la fabbrica modello "

Elezioni borghesi: un espediente per simulare il consenso popolare!

Lo scorso 19 giugno, con i ballottaggi, si sono consumate le ennesime elezioni previste dal sistema democratico borghese. Si trattava di elezioni amministrative ma di alto significato politico nazionale.