☭    "Non è difficile essere rivoluzionari quando la rivoluzione è già scoppiata e divampa... È cosa molto più difficile - e molto più preziosa - sapere essere rivoluzionari quando non esistono ancora le condizioni per una lotta diretta, aperta, effettivamente di massa, effettivamente rivoluzionaria; saper propugnare gli interessi della rivoluzione (con la propaganda, con l'agitazione, con l'organizzazione) nelle istituzioni non rivoluzionare, sovente addirittura reazionarie, in un ambiente non rivoluzionario, fra una massa incapace di comprendere subito la necessità del metodo rivoluzionario di azione"     ☭    



Iosif Vissarionovic Dzugasvili
Stalin

L’opportunismo, alleato permanente della borghesia


tratto da “L'eurocomunismo è anticomunismo” di Enver Hoxha capitolo I “LA NUOVA STRATEGIA IMPERIALISTA E LA NASCITA DEL REVISIONISMO MODERNO “ pag 14-19


La nascita del revisionismo moderno, come anche del revisionismo vecchio, è un fenomeno sociale condizionato da vari e numerosi motivi storici, economici, politici ecc. Preso nell’insieme, esso è il risultato della pressione esercitata dalla borghesia sulla classe operaia e sulla sua lotta. Sin dall’inizio e fino ad oggi, l’opportunismo e il revisionismo sono stati strettamente legati alla lotta della borghesia e dell’imperialismo contro il marxismo-leninismo, sono stati parte integrante della grande strategia capitalista volta e sabotare la rivoluzione e a perpetuare l’ordine borghese. Nella misura in cui progrediva la causa della rivo­luzione e il marxismo-leninismo si diffondeva fra le vaste masse popolari, l’imperialismo si è sempre più servito del revisionismo come sua arma preferita da contrapporre alla vittoriosa ideolo­ gia del proletariato e per sabotarla.

All’inizio del XX secolo, quando stavano maturando sempre più le condizioni politiche ed economiche per la rivoluzione e la presa del potere da parte del proletariato, la borghesia ha vigoro­samente sostenuto la corrente opportunista della II Internazionale e se ne è largamente servita nelle sue manovre tese a preparare e a scatenare la Prima Guerra mondiale.

Dopo la storica vittoria della Rivoluzione d’Ottobre, quando il socialismo, da teoria e movimento rivoluzionario che era, si è trasformato in un sistema socio-economico che ha trionfato in un sesto del globo, il capitalismo fu costretto a cambiare strategia e tattica. Esso accentuò mag­giormente la violenza e il terrore nel paese, fece ricorso ai mezzi più feroci per consolidare il pro­prio potere, portando al potere anche il fascismo. In primo luogo, esso intensificò la sua demagogia e la sua propaganda tesa a denigrare e deformare il marxismo-leninismo, inventando nuove «teorie» pseudomarxiste, calunniando l’Unione Sovietica e preparando la guerra contro di essa. L’imperiali­smo, scriveva Lenin in quel tempo,

«...ha sentito che il bolscevismo è divenuto una forza mondiale, ed è proprio per questo motivo che si sforza di soffocarci il più rapidamente possibile, cercando dapprima di regolare i conti con i bolscevichi russi e poi con i suoi»1.

Nel 1918 gli imperialisti inglesi, americani, francesi e giapponesi intrapresero il loro interven­to militare in Russia. La guerra contro il primo Stato degli operai e dei contadini portò al rag­gruppamento in un solo campo di tutte le forze reazionarie. Anche gli opportunisti e i rinnegati del marxismo si scagliarono con zelo contro la Rivoluzione d’Ottobre e il potere proletario. Kautsky in Germania, Otto Bauer e Karl Renner in Austria, Léon Blum e Paul-Boncour in Francia si levarono con rabbia contro la Rivoluzione d’Ottobre, contro la strategia e la tattica leninista della rivoluzione. Essi considerarono la Rivoluzione d’Ottobre come illegale, una deviazione dalla via dello sviluppo storico, una deviazione dalla teoria marxista. Essi predicavano la rivoluzione pacifica, non violenta e incruenta, la presa del potere attraverso la maggioranza al parlamento; erano contrari alla trasformazione del proletariato in classe dominante; essi portavano alle stelle la democrazia borghese e attaccavano la dittatura del proletariato.

Dopo il fallimento dell’intervento armato contro la Russia Sovietica e quando la socialdemocrazia non fu capace di ostacolare la creazione dei nuovi partiti comunisti e di frenare il grande slancio rivoluzionario delle masse lavoratrici d’Europa, la borghesia pose tutte le sue speranze nella rottura del fronte del comunismo

«...dall’interno, cercando i propri eroi fra i capifila del PCR (b)2».

I trotzkisti tirarono di nuovo in ballo la «teoria della rivoluzione permanente», secondo la quale il socialismo in Unione Sovietica non può essere costruito senza la vittoria della rivoluzione negli altri paesi. Essi si fusero in un unico fronte con la borghesia nella lotta contro il socialismo. Stalin aveva ragione di sottolineare che era stato creato un unico fronte ostile, che andava da Chamberlain fino a Trotzki. Anche la destra, i bukhariniani, si scagliarono contro il socialismo. Essi erano per l’estinzione della lotta di classe, predicavano la possibilità di integrazione del capitalismo nel socialismo.

La strategia dell’imperialismo assunse un marcato carattere controrivoluzionario e anticomunista soprattutto dopo la Seconda Guerra mon­diale, in seguito al cambiamento del rapporto di forza a favore del socialismo e della rivoluzione, che ha scosso dalle fondamenta tutto il sistema capitalista. Questi mutamenti misero all’ordine del giorno la questione della rivoluzione e del trionfo del socialismo non più in un solo o in due paesi, ma in zone e continenti interi. Questa volta l’imperialismo, con alla testa l’imperialismo ame­ricano, pose tutte le sue speranze nella totale mili­tarizzazione della sua vita, nei blocchi e patti mili­tari, al fine di preparare un intervento violento e una guerra aperta contro il socialismo, contro i mo­vimenti rivoluzionari e di liberazione dei popoli. Ma esso pose grandi speranze anche nella sue ca­pacità di far risorgere e rendere più attive tutte le forze opportuniste al fine di sabotare e di far degenerare dall’interno i paesi socialisti e i partiti comunisti.


1 V. I. Lenin. Opere, vol. 28, p. 239 dell’edizione albanese.
2 G. V. Stalin. Opere, vol. 6, p. 278 dell’edizione albanese.





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Il saggio fu pubblicato nel gennaio 1930 a Parigi nella rivista Stato Operaio, con una nota in cui è detto: «Lo scritto non è completo e probabilmente sarebbe stato ancora ritoccato dall'autore, qua e là. Lo riproduciamo senza alcuna correzione, come il migliore documento di un pensiero politico comunista, incomparabilmente profondo, forte, originale, ricco degli sviluppi piú ampi. ».




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